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Storie musicali da raccontarti

I nostri insegnanti hanno tantissima esperienza alle spalle, sia come musicisti che come docenti: per questo motivo, hanno deciso di condividerla su larga scala.

Pubblichiamo infatti periodicamente contenuti e news interessanti, che potrai seguire con tutti i tuoi contatti e chi vorrà seguirci.

TI PRESENTO UN AMICO

 “Ti presento un amico” è la nostra rubrica settimanale nella quale i nostri docenti, di volta in volta, ci presenteranno un loro caro amico e ci racconteranno un po’ di loro.


Potranno condividere un percorso artistico comune, delle esperienze significative che hanno vissuto insieme, proprio come accadrebbe se ci incontrassimo in un bar, magari sorseggiando una bella birra e parlando delle proprie passioni...


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  • Ti presento un amico

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SPAZIO MUSICOTERAPIA ADM

Rubrica mensile a cura della nostra Lucia Romito, responsabile del dipartimento di musicoterapia in Accademia.

  • Ti presento un amico

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  “È il silenzio tra una nota e l’altra che crea la musica”. Ogni cosa emerge dal silenzio…

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    Senza silenzio non potrebbe esserci la musica; senza pause, ci sarebbe solo una lunga nota.

    Le parole e le espressioni consuete contengono spesso significati profondi…

    A noi musicisti e musicoterapeuti che amiamo la musica, accade spesso di dire “ho bisogno di silenzio” o “di un poco di silenzio”. 

    Proprio a noi che amiamo la Musica?

    Se riflettiamo sul fatto che il silenzio è qualcosa di cui si può avvertire il bisogno, ciò significa che il silenzio non è il nulla, una pura e semplice assenza, ma è qualcosa. 

    Non si può avere bisogno di qualcosa che non c’è.

    Il silenzio è un’assenza di suoni. Ma non è il nulla. 

    Se ci rendiamo conto di questa verità, sappiamo leggere la musica radicandola nei nostri silenzi: silenzio dell’esecuzione e silenzio dell’ascolto.

    Del resto: perché si chiede il silenzio esteriore come condizione per iniziare un’esecuzione, se non per far emergere il silenzio interiore?

    Quando la musica si spegne, si riapre lo spazio del silenzio. Ma, il silenzio di arrivo, per così dire, non è uguale al silenzio di partenza. La musica ha agito su di noi, è nata dal nostro silenzio e prosegue la sua opera nel nuovo silenzio, quando si è spenta la sua voce fisica.

    La musica diventa così una forza trasformatrice dei nostri significati e della nostra anima, un valore terapeutico irrinunciabile.

    Il silenzio non è dunque assenza di suono: sarebbe materialmente impossibile. Il silenzio che noi conosciamo, che noi viviamo, a dispetto di quanto si creda, è pieno di suoni, che mentre si suona o si parla sono impercettibili. 

    Se noi tacciamo, dunque, facciamo parlare e suonare altre persone e altre cose: apriamo dunque la possibilità di apprezzare anche chi ci sta accanto, altri fenomeni naturali oltre la nostra voce. E’ bene che qualche volta si ascolti, evitando di far rumore, di parlare tanto per parlare, o magari anche di gridare per prevalere. 

    È bene che impariamo a riconoscere i suoni del mondo e ciò che ci comunicano e ad apprezzare anche la voce degli altri, ambasciatrice delle tantissime e stupende idee.

    Possiamo quindi dire che il silenzio è uno dei valori fondamentali di una società pacifica e democratica, un bene enorme, uno dei più importanti, attraverso il quali si esplica la nostra umanità. 

    Certo…ci saranno anche i momenti in cui si desidererà fare e sentire tanto rumore, magari tanto da stordirsi e da perdere le proprie potenzialità uditive e in qualche modo, da annullare sè stessi. 

    Ma è nel silenzio che veramente ci realizziamo, realizziamo la nostra intelligenza e la nostra perfetta connessione col mondo. 

    Come in musica occorrono le pause, così nella vita dobbiamo dare spazio e valore al silenzio per meglio cogliere ritmo, intensità e senso, per meglio penetrare in noi stessi e più estenderci nel mondo. 

    Perché è nel silenzio che sentiamo più forte il battito del nostro cuore e ci accorgiamo degli occhi dell’altro. 

    Perché, per me, il Silenzio è il SUONO PERFETTO!!!  



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  • Progetto ADM Orchestra

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IL PIANOFORTE, STRUMENTO DELL'ANIMA

Se si chiede ad un pianista cosa rappresenti per lui il suo pianoforte, senza dubbio risponderà che è la sua Anima perché esso riflette i suoi gusti, la personalità, i sentimenti che prova, gli umori.

L’Anima non intesa in senso cristiano o filosofico, ma come quella parte del pianista che non pigia direttamente i tasti del pianoforte e che non si siede sul seggiolino: la sua psiche, il suo spirito, la sua Musica!

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    In un saggio dal titolo “Storia del pianoforte”, Pietro Rattalino parla dell’anima del pianoforte come di “un fluido misterioso ed arcaico che si sprigiona dallo strumento, un fenomeno che in realtà non appartiene solo al pianoforte, ma che solo il pianoforte può assumere come realtà fantasmagorica”.


    Il pianoforte è lo strumento completo per eccellenza…per estensione (dalle note più basse alle più alte) e polifonia (la possibilità di suonare molte note contemporaneamente).


    Offre all’esecutore una possibilità di espressione musicale, altrimenti raggiungibile, solo attraverso il concorso di diversi strumenti; per questo motivo è stato indispensabile per tantissimi compositori.


    Sedersi al pianoforte non significa schiacciare più o meno velocemente dei tasti, ma immaginare un’orchestra che suona al suo servizio, che racchiuda tutte le emozioni musicali…dai bui timbri del contrabbasso, all’impetuosità di una chitarra elettrica.


    Il pianoforte può dominare la sala da concerto come straordinario solista, oppure offrire un accompagnamento discreto ad un cantante timido.


    Considerato “l’equivalente musicale della tavolozza per il pittore”, il pianoforte ha ispirato tantissimi brani musicali che siano mai stati composti.


    Dal punto di vista artistico, rivela grande versatilità, il repertorio classico è enorme, il più esteso per solista.


    Nonostante ciò, è anche uno degli strumenti principe del jazz e il più raffinato interprete della musica leggera.


    Il pianoforte dà vita alla musica, la dirige, la rappresenta in tutti i suoi toni, in qualsiasi sound, genere, è la melodia e l’armonia insieme, solista ed accompagnatore, è il ritmo e il groove, il piano e il forte.


    Solo uno strumento con queste potenzialità tecniche è in grado di rispecchiare tutti gli aspetti dell’Anima di ogni pianista come la tristezza, la gioia, la malinconia, l’entusiasmo, l’esaltazione, la spensieratezza, la depressione, la solitudine, la malattia, la follia, l’amore, il desiderio, la fantasia, la grandezza.


    Attraverso il pianoforte, il pianista riesce a comunicare sè stesso e con sé stesso, nella più completa libertà di espressione…a confessare desideri, paure ed aspettative.


    E’ proprio questa la virtù del pianoforte…comunicare emozioni che partano dal pianista e arrivino all’ascoltatore, ma anche a sé stesso.


    In 300 anni e più di storia, la musica ha sempre avuto il pianoforte come protagonista Mozart, Beethoven, Chopin, Liszt, Debussy, Joplin, Powell, Monk, Evans, Jarret, Korea, Petrucciani e tanti altri che hanno portato una trasformazione al pianoforte, ognuno con il proprio stile, la propria tecnica, il sound e l’Anima. 


    A trecento anni dalla sua nascita, il pianoforte è ancora capace di emozionare chi lo suona e chi lo ascolta, di comunicare delle sensazioni, di mettere in contatto il pianista con sé stesso e il pubblico.


    Ogni volta che le corde di un pianoforte vengono fatte vibrare, contemporaneamente vibrano le corde della nostra Anima e quando succede, quando ogni tasto abbassato provoca un tumulto al cuore, quando il corpo si esalta e le dita non hanno paura di correre sulla tastiera, quando senti che non vorresti essere altrove ma su quello sgabello, solo allora ci sentiamo di essere dei veri pianisti, anche scarsi forse, ma con un’Anima!


    Charlie Parker recita… ”Impara tutto sulla musica e sul suo strumento, poi dimentica tutto sia sulla musica che sullo strumento e suona come ti detta il tuo Animo”. 

MUSICA, UNO SPAZIO DI RECIPROCITÀ

Nell’immaginario della nostra coscienza, nel vivere quotidiano, ci sembra tutto sia uguale, ma soffermandoci per un attimo, ci si accorge che molte cose sono cambiate…

Le persone che eravamo e che vedevamo intorno a noi, non ci sono più…sono anch’esse cambiate. 

Sono cambiati loro e siamo cambiati anche noi.

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    Spesso chi fa un lavoro dove c’è una richiesta di aiuto, pensa di essere sempre fedele all’immagine che ha di Sé stesso, di non cambiare mai, ma solo di far cambiare gli altri…non c’è cosa più sbagliata di questa!!!


    Dopo anni di lavoro con la Musica, con bambini, persone con tanti tipi di disagio, ragazzi in difficoltà, nel territorio di Bari e provincia, mi rendo conto che la prima ad essere cambiata sono stata io, nella mia più soggettiva e personale esperienza.


    Guardando il percorso compiuto, c‘è un sottilissimo filo che ci collega al passato e che nel mio caso è la Musica e ciò che fino ad oggi ha rappresentato.UNO SPAZIO DI RECIPROCITA’


    Il Suono e la Musica, per loro natura sono “bidirezionali”. Non avrebbero senso se non ci fosse una fonte e un fruitore…sono per loro essenza Relazione.


    Il “Fare Musica” inteso non solo come suonare uno strumento, ma anche leggere le emozioni dell’altro, tradurle in suoni e in giochi ritmici, concretizza un terreno di fiducia, di potenzialità che portano chi è dentro questa meravigliosa esperienza a cambiare, a spostare più in là i propri limiti, a crescere.


    Questo contesto di ascolto profondo dell’altro è tutto ciò che è il “Musicale”…i silenzi, gli sguardi e le parole tra un bambino e il maestro di Musica, comunicano che CI SONO, ASCOLTO, MI INTERESSI.


    L’esserci, nel senso di “abitare le emozioni” dell’altro, i suoi respiri, la sua sofferenza, assicura una comunicazione di senso, compresa ed interpretata alla pari, un contesto positivo, di disponibilità, di promozione di Sé, che sono determinanti per il cambiamento di entrambi.


    Per me, ascoltare la Per-SuonA/O significa far risuonare parte interna di Sé, crescere nel confronto, imparare.


    Perché quando ci sentiamo ascoltati, accettati, poniamo la nostra fiducia nell’altro, intraprendiamo quel percorso di ascolto interiore, di scoperta delle emozioni e nelle nostre potenzialità, valorizziamo noi stessi, ci apriamo alle possibilità di autorealizzarci, di liberarci totalmente.


    Alla base di ciò, ho sempre avuto la convinzione, che ho fatto mia, che nelle persone con cui ho instaurato una relazione, sia stato esso il bambino più travagliato, la persona con difficoltà di apprendimento, con disagio psichico, il minore a rischio, ci sia stata una scintilla divina e una forza vitale che non si è mai spenta.


    Ho sempre pensato che proprio quella forza ha aspettato e per tanti altri aspetta qualcuno che vada a scovarla, che creda veramente e non si faccia ingannare dai comportamenti e dalle disfunzioni di superficie.


    Questa predisposizione d’Animo, altro non è che ciò che in fenomenologia è il metodo, ossia in primo luogo non lasciarsi condurre dal giudizio e dal pregiudizio, ma sospenderlo e ricercare ciò che veramente abbiamo davanti…PERSONE e non deficit.


    Significa, in fondo, non credere che gli altri abbiano necessariamente bisogno di noi, non stare in una posizione di superiorità (pensando che manchi loro qualcosa), ma al contrario, essere disposti ad imparare, ad accettare che l’altro spesso ha qualcosa in più di noi, in primis la forza vitale che lo aiuta a vivere.


    L’esperienza in campi di musicista e musicoterapeuta hanno spesso messo in discussione i metodi di lavoro, le mie convinzioni, mè stessa, mi hanno portato a fare i conti con i miei ragionamenti soliti, ad “abbandonare gli abiti” e iniziare a pensare diversamente.


    La musica, il suono, il pianoforte, il linguaggio corporeo mi hanno permesso di entrare in contatto con persone vive, vitali e con grande forza di volontà.


    Ho avuto il privilegio di conoscere e lavorare con bambini e ragazzi che, pur non avendo la possibilità di muoversi, né di parlare, hanno manifestato la propria personalità, la voglia di scegliere, persone a cui è stato negato di accedere ad un linguaggio come quello musicale, perché diversi e che invece, lo hanno utilizzato come parte di Sé stessi e della propria vita.


    La Musica, allora, è divenuta un luogo dove due o più persone hanno potuto sperimentare l’esserci l’uno per l’altro, ha avuto lo straordinario compito di essere da ponte fra persone, tra l’ambiente e Sé stessi con le proprie emozioni, mezzo d’unione e di azione comune, di crescita per tutti.


    E quindi, in un mondo e in una società complessa, dove si è sempre meno attenti alle proprie esigenze e a quelle degli altri, dove i tempi sono dettati da ritmi vorticosi che non permettono di fermarsi ad ascoltare ed ascoltarsi, dove anche la medicina ha perso la dimensione dell’ascolto del paziente, dell’UOMO, la Musica diventa una delle poche possibilità per potersi esprimere, comunicare, ascoltare.  


    La forza della Musica sta proprio nella possibilità che questa dà alle persone che non riescono ad esprimersi, a volte neanche con le parole, che spesso negano la loro esistenza, che trattengono il loro dolore, di poter comunicare la propria dimensione attraverso un canale che venga ascoltato, compreso, valorizzato.


    Dare la possibilità a persone che hanno un corpo sottomesso dal dolore, un corpo testimone della propria sofferenza, di essere ascoltati ed accettati attraverso la Musica, significa comunicare fiducia, accoglienza e soprattutto testimoniare l’esistenza nel mondo, testimonianza di un essere in un mondo che può e deve essere anche il loro…perché noi siamo il MONDO e la MUSICA è di tutti!!!

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Le emozioni sono reazioni affettive brevi che insorgono all’improvviso, in risposta a stimoli esterni che, per qualsiasi motivo, ci colpiscono.

Le emozioni sono l’essenza della qualità vita e della varietà delle esperienze umane, perché senza la capacità di emozionarsi, la vita non avrebbe né colore, né significato.

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    Le emozioni si formano attraverso il vissuto psicologico di ognuno di noi, perciò sono uniche, ma paradossalmente uguali per tutti.


    Sono “sentite” in modo soggettivo, ma dichiarate attraverso le stesse manifestazioni fisiche quali espressioni del volto, rossore, sudorazione, batticuore, coinvolgimento del sistema nervoso.


    Potrebbe sembrare scontato dire che la musica susciti emozioni, che l’ascolto di una melodia attivi in noi stati d’animo “particolari” che, cantando, suonando o componendo possiamo manifestare e comunicare i nostri sentimenti.


    Nessuno può dirsi indifferente alla musica!!! Pratiche musicali ed esperienze emotive sono un binomio imprescindibile.  


    Se i fattori emotivi sono fondamentali per l’esistenza della musica, diventa allora necessario (sul piano della ricerca psicologica) domandarsi come la musica riesca ad influire sulle persone. Quali sono gli elementi della musica (melodia, ritmo, tempo, modo, struttura…) che determinano e suscitano un certo stato d’animo?


    Secondo John A. Sloboda, psicologo cognitivista della musica “se una persona è coinvolta dalla musica che ascolta, se si commuove, se prova un’emozione, deve essere passata attraverso la fase cognitiva che implica la formazione di una rappresentazione interna astratta o simbolica di quella musica”.


    La natura di tale rappresentazione interna, le emozioni che l’ascolto musicale consente di provare sono tra i temi più complicati dello studio della psicologia, perché rievocano stati d’animo ed esperienze che hanno contribuito alla formazione e allo sviluppo della personalità di ogni essere umano e perciò, non si prestano alla rigidità di teorie precise, ma dipendono dalla soggettività dell’ascoltatore.


    Sono diversi gli elementi della musica che ci portano a “sentire un’emozione”.  


    Tra i fattori che giocano un ruolo significativo, la struttura del brano musicale occupa un posto di rilievo: esiste, infatti, una relazione tra l’intensità e la qualità delle emozioni provate e la struttura del brano. Questa relazione permette di spiegare come un pezzo che, all’inizio dà una sensazione di calma, divenga in seguito gioioso, per concludersi poi, con un tono malinconico.


    Anche il tempo sembra avere un ruolo privilegiato. Non a caso, alcune indicazioni usate dai compositori per segnalare a che tempo una determinata opera musicale debba essere eseguita, hanno una connotazione emotiva come: allegro, vivace, lento…


    Fin dall’antichità, veniva dato un grande risalto al modo in cui la musica doveva essere suonata. I greci utilizzavano diversi modi e ognuno prendeva il nome e una connotazione ben definita da un popolo che poteva rappresentarlo: lidio, dorico, frigio…


    Altro elemento che contribuisce al manifestarsi di un’emozione è il timbro degli strumenti: acuto, medio, grave.


    Il ritmo…non a caso, musiche troppo dissonanti o con ritmo irregolari, come succede spesso per la musica contemporanea, hanno una connotazione acusticamente sgradevole.


    Il piano temporale rende la musica imprevedibile, in quanto non vi è modo di sapere, ad un dato istante, quello che accadrà l’istante successivo. La curiosità, il desiderio di scoprire ciò che non si conosce, ci portano ad avere delle attese e quindi a generare emozioni.


    Le emozioni musicali sono influenzate, anche e soprattutto, dalle nostre esperienze, dagli stati d’animo legati a determinati momenti della nostra vita. Un certa musica ci può ricordare una circostanza importante, come l’incontro o la perdita di una persona cara.


    Un’altra musica può essere legata ad un evento significativo o essere stata, per un certo periodo, la nostra musica preferita, la nostra “canzone del cuore” e riascoltarla, ci fa riaffiorare ricordi ed emozioni di quel momento.


    Altre volte, l’associazione Musica-Emozione può essere dettata da un film, da una pièce teatrale che ci ha particolarmente colpito.


    Alcune musiche sono legate ad ideali e utilizzate perché si crei un legame emozionale forte tra chi ascolta e l’ideale stesso che si vuole mettere in risalto.


    L’inno nazionale fa suscitare l’amor patrio, la musica di Wagner (durante la seconda guerra mondiale) era utilizzata dal regime fascista per incutere terrore; i tipici canti partigiani infondevano ardore e infervoravano gli animi nelle imprese più disperate. 


    I canti degli alpini ci danno la misura della loro fatica, della lotta per la sopravvivenza; i canti degli agricoltori e delle mondine davano sostegno e continuità al lavoro.


    Il tango argentino, insieme all’ardore e alla passionalità, trasmette melanconia; il canto materno, le ninna nanne, le filastrocche danno tranquillità e sicurezza al bambino.


    La musica sacra induce al misticismo e al raccoglimento…


    Questi, e molti altri, sono esempi del ruolo e dell’influenza che la musica ha sulle nostre emozioni e potremmo chiederci anche il perché di tale impatto reattivo.


    La psicologia non ha ancora dato una risposta ben chiara e definitiva a questa domanda, ma sul piano teorico, possiamo affermare che la grande forza emozionale della musica sta nella sua quasi totale assenza di significato denotativo.


    In altre parole, non vi è alcune relazione tra un brano musicale e una realtà non musicale e, così facendo, la musica può essere rappresentata come un “contenitore aperto” alle nostre emozioni. Chi ascolta ha la possibilità di riempire questo Contenitore-Musica con le sue emozioni del momento.


    “Mi mancano le parole…” usiamo dire quando proviamo un’emozione così profonda, quasi a dimostrare che gli stati d’animo più intensi, le sensazioni più viscerali le percepiamo ascoltando e non parlando.


    La musica, qualunque essa sia, sa suscitare e comunicare le nostre emozioni quando raggiunge il cuore e non è traducibile con le parole.


    Per questo, può essere paragonata (in qualche modo) a quella “comunicazione privilegiata” anch’essa non verbale, a quello stato d’animo di “beatitudine assoluta” dove le sensazioni si esprimevano attraverso un linguaggio gestuale, dettato esclusivamente dalle emozioni provocate dal suono della voce materna.

BALLA COI LOOP

Accademia della musica è lieta di preservarvi: “Balla coi loop”🕺🐺🎶 rubrica semiseria per strapparvi due risate!!

Non potevamo che cominciare con un classico della tradizione barese!! 😂


#anotherwayadmanyway

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